
Un'intervista del passato che non ha mai trovato spazio sul web. Una band blues che suona folk con un'attitudine punk.
Da quando abbiamo registrato questa chiacchierata in una folle nottata bolognese è passato forse un anno e mezzo e sono cambiate tantissime cose. La band è arrivata a suonare in Giappone e ha pubblicato un secondo album, 'Committed'.
Giovanni e Lorenzo raccontano i primi anni del gruppo e parlano di un periodo in cui stavano costantemente pensando al disco che avrebbero realizzato e pubblicato qualche mese dopo.
- quando avete deciso di fare un disco?
Luca Bistrattin: Abbiamo deciso di fare un disco appena ci siamo resi conto di avere abbastanza canzoni, suonando in giro. E’ stato bellissimo fare il primo disco, abbiamo fatto tutto da soli, l’abbiamo autoprodotto e ci siamo anche presi il lusso di escludere molte canzoni dal disco per motivi di scelta, perché non ci sembrava che suonassero bene nella scaletta finale.
- è difficile suonare a Milano?
LB: E’ facile suonare se non hai pretese, se sei disposto a fare la cover band che alla fine attira sempre qualcuno. Spesso c’è da fare i conti con gli ingressi dei gestori dei posti che guardano solo a quanta gente è venuta. Cose belle non ce ne sono tantissime, noi soprattutto suoniamo fuori, Genova, Padova, Bologna, Venezia e speriamo di muoverci ancora di più. A Genova ci siamo trovati benissimo, oltre al fatto che non ci cagava nessuno ci hanno dato un sacco di soldi.
- è difficile suonare a Milano perché fate un genere che non è né il mainstrem né l’alternativo che va di moda?
LB: Spesso l’ascolto passa in secondo piano e i gestori pensano soltanto al business nel senso più piccolo del termine. A chi gestisce un locale non interessa molto che genere suoni, c’è poca attenzione per la musica da sentire e molta più attenzione per la musica che deve vendere.
Johnnie Selfish: Se i locali hanno un giro cercano di proporre sempre quello perché vende. Noi ci muoviamo nel giro del blues anche se non facciamo proprio blues. I musicisti della band potrebbero definirsi blues ma alla fine abbiamo un attitudine più sul punk dato che non ce ne frega un cazzo dell’attitudine. Il background dei musicisti come dicevo è decisamente blues. Io mi rendo conto che il blues è di difficile comprensione, solo quelli che hanno una certa mentalità riescono ad entrare nel blues. Noi siamo un ibrido con il rock.
- come nascono le canzoni?
JS: Scrivo io tutte le parole anche se il primo testo che ho scritto era una canzone di merda. Dal punto di vista delle canzoni ci abbiamo messo poco per ingranare. I testi sono molto spontanei, non c’è la ricerca di un certo tipo di atteggiamento.
LB: …ma è proprio qui che arriva il lato blues della situazione, perché c’è la spontaneità e la quotidianità, si parla di malinconia.
- quanto c’è di Milano nelle vostre canzoni?
JS: Non ti saprei dire bene da dove vengono le canzoni, non ti saprei spiegare alla perfezione perché ho scritto quella determinata canzone. Gli artisti più maturi riescono a fare un testo perché vogliono comunicare esattamente una cosa alla gente, per uno allo sbaraglio come me è più difficile, anche perché sono italiano e scrivo in inglese perché su questo genere è difficile usare l’italiano. Gli esempi di quelli che fanno un genere come il nostro ma cantano in italiano sono abbastanza desolanti, i Modena City Ramblers ad esempio li rispetto per moltissimo per delle cose che hanno fatto in passato ma alla lunga i loro pezzi sono diventati purtroppo un cliché. Cantiamo in inglese perché questa musica nasce negli Stati Uniti. Non ho mai ascoltato molta musica italiana, a parte eccezioni come Fabrizio De Andrè.
- cosa ascoltate in questo momento?
JS: Se ti devo dire un nome italiano di dico Enzo Jannacci, comunque ora ascolto molto i Pearl Jam. La scena blues italiana la sentiamo vicina ma gli artisti emergenti italiani di oggi, l’indie punk eccetera non ci convincono. Gli ultimi punk veri forse sono stati i Dead Kennedys e comunque parliamo degli anni ’80, il nuovo punk che ci massacra i coglioni ormai da dieci anni ha rotto il cazzo, l’attitudine punk è giusta, è una cosa buona che ti semplifica la vita ma non ha niente a che fare con quello che c’è ora come l’emo che è l’attitudine punk svuotata completamente. La musica è democratica per definizione. Se fai musica non democratica, se ti chiudi in un genere non ha più senso. Sono completamente contrario a tutte le tendenze ermetiche che stanno venendo fuori in questo periodo. Nel nostro gruppo ammetto che esiste un certo ermetismo perché cantiamo in inglese ma io quando scrivo cerco anche di essere comprensibile anzi voglio che la maggior parte della gente mi capisca.
- come promuovete la vostra musica?
LB: Ci piace andare in radio e fare concerti. Poi la vendita è tutto un altro discorso. Personalmente se un progetto mi interessa compro il disco senza guardare il prezzo e se riesco lo compro direttamente dall’artista ai concerti. Se devo guardarmi attorno ascolto qualcosa su you tube e poi magari compro su Internet. Il nostro disco è nei negozi di dischi ma vende poco e in generale i dischi vendono poco nei negozi perché i prezzi sono fuori portata non per colpa di chi produce quei dischi ma per tutti i passaggi che ci sono.
- avete mai pensato di mettere il vostro disco in download gratuito?
LB: Assolutamente no. Il download gratuito non porta a nulla se non a sottovalutare il prodotto stesso. Noi abbiamo scelto di vendere il nostro disco a un prezzo popolare che è dieci euro, mi sembra una scelta onesta.
-mi sembra di capire che siate al lavoro su un secondo disco…
JS: Stiamo lavorando a un disco che abbia un tema attorno al quale costruire le canzoni. Il concept su cui mettere in piedi l’album sarebbe parlare di Working Class nel 2010, non parlare di proletariato marxista ma di gente che sta male in generale, parliamo della working class che nel tempo è diventata sempre più individualista. E’ un po’ come mi sento io, isolato dal mondo. E’ stupido cercare di mettersi in linea con le tendenze del momento. Nella nostra musica c’è insito un certo isolazionismo, non ascolto musica attuale, non riesco a farlo. Ascolto Bon Dylan, Johnny Cash, la cosa più moderna che ascolto sono i Depeche Mode e ultimamente i Pearl Jam. Pensiamo solo a Bob Dylan, è sempre andato contro corrente fin dall’inizio. Appena ha avuto successo è andato contro il suo stesso pubblico. Il punto è che tu devi credere in quello che scrivi e non dare al pubblico quello che vuole, altrimenti non lo fai.
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