
Incontro denso di cultura alla biblioteca ariostea di Ferrara. La settimana scorsa Enrico Manera, Andrea Cavalletti e Wu Ming 1 hanno discusso dell'imprenscindibile presenza di Furio Jesi sul dibattito culturale italiano, dagli anni '70 ad oggi.
Il pubblico composto da una misera platea di poco più di una ventina di persone ha ascoltato gli oratori per quasi tre ore, un bagno di cultura tanto inutile, o meglio non-necessario, quanto sublime.
Senza la pretesa di raccontare la vita di Jesi- per questo scopo Wikipedia è un buon punto di partenza- nè di voler spiegare ai più la grandezza dello storico di Torino, ecco una lista di impressioni semifredde sull'incontro tenutosi nell'antica biblioteca che ospita la tomba di Ludovico Ariosto.
La cultura di destra è inzuppata di strumentalizzazioni del mito. Dopo la crisi del sacro il mito si è sempre più avvicinato alla letteratura prima e alla politca poi, si tratta della "tecnicizzazione del mito", qualcosa che porta alla formazione di un mito reazionario. Per Furio Jesi, la chiave per capire il mito o per utilizzarlo sta da altre parti: è infatti necessario toglierne il fondale metafisico.
La cultura di destra come cultura della classe dominante. Le sue caratteristiche peculiari sono che non presuppone di essere capita e nello stesso momento non vuole essere difficile: semplice anche se non per forza comprensibile. Jesi si oppone alla dicotomia che vuole il mito presente solo per pochi e inacessibile ai molti. Il mito resta comunque inconoscibile. La cultura di destra trasforma il passato in qualcosa di omogeneo da cui spuntano delle storie esemplari di grandi eroi, secondo Jesi questo tipo di ragionamento è qualcosa che spesso si avvicina anche alla retorica usata da quella che si autoproclama cultura di sinistra.
Grazie a Wu Ming 1 la discussione entra nel cuore di un presente che manipola e rimaneggia sempre più, e in maniera qausi incredibile, il passato. Si parla allora di frange di antifascisti romani che rispolverano i simboli degli Arditi del popolo e che apparentemente sembrano dei neo-fascisti, ma ne sono invece l'antitesi. La potenza del pensiero di Jesi arriva all'attualità anche quando Wu Ming 1 ragiona sul massacro durante le manifestazioni di protesta contro il G8 a Genova nel 2001: secondo lo scrittore, proclamare mesi prima di quel tragico mese di luglio un'assalto al potere sarebbe stato un errore. Un atto che da una parte ha nascosto le varie anime di un movimento di protesta eterogeneo ma soprattutto ha creato un racconto di contrapposizione esploso negli scontri di piazza che hanno portato alla morte di Carlo Giuliani. L'insegnamento di Jesi, come ricorda Wu Ming 1, è che il problema arriva quando il molteplice viene ridotto all'uno, quando si appiattisce il passato e lo si riduce a un'etichetta, a "una sorta di pappa omogeneizzata che- come ricorda lo stesso Jesi- si può modellare e mantenere in forma nel modo più utile".

Se una fuga di monossido di carbonio non se lo fosse portato via trent'anni fa, sarebbe stato interessante conoscere l'opinione di Jesi sul mito al giorno d'oggi. Io inizierei chiedendo un'opinione sulla trovata della rivista 'Max' che più di un anno fa aveva messo in scena la morte (falsa) di Roberto Saviano...
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