
Christian Caliandro è uno storico dell'arte contemporanea e assieme al professore di Economia della Cultura, allo IULM di Milano, Pier Luigi Sacco ha scritto un libro che fa a pezzi l'attuale gestione della cultura italiana contemporanea e fornisce le istruzioni per l'uso che spiegano da dove ripartire. 'Italia Reloaded' parla di come trasformare la fruizione della cultura da qualcosa di passivo, che assomiglia a un'orazione funebre, a un movimento "proattivo" che liberi il pubblico dalla posizione di cliente dell'arte e lo porti ad essere un'attore partecipante.
Il contesto della presentazione di questo libro dimostra come sia possibile portare la cultura a una dimensione umana e partecipata senza per forza impacchettarla in delle teche che, come ricorda Caliandro, assomigliano sempre più spesso a delle “tombe”. L’incontro è il penultimo evento di 'Antequattro', iniziativa organizzata dall’associazione Bassoprofilo, un gruppo formato da studenti della facoltà di Architettura di Ferrara che hanno deciso di riempire il loro tempo libero cercando di costruire cultura. Si è appena concluso il concorso fotografico '24 foto in 24 tempi' e altre iniziative hanno preso forma tra concerti di jazz e musica elettronica in luoghi sparsi della città di Ferrara, spesso splendidi posti colpevolmente chiusi alla cittadinanza per 360 giorni all’anno. Da domani prenderà il via la vera e propria 'Quattrogiornidellearti 2011 - Fastforward', un’altra serie di eventi che spaziano dalla proiezione di cortometraggi a esibizioni di band emergenti (alcune notevoli come il side-project hip hop dei My Awesome Mixtape, i Quakers and Mormons).
Ma riprendiamo il filo del discorso riguardo alla situazione della cultura italiana. Se la fruizione dell’arte oggi è mera documentazione della presenza di se stessi in quel preciso momento- pensiamo alle migliaia di turisti che ogni giorno si scattano ossessivamente fotografie davanti ai monumenti delle città italiane- è necessario guardarsi indietro e cercare di trovare nuove strade per portare la cultura ad essere contemporanea e soprattutto dirompente. Caliandro e Sacco mettono in croce la presunzione per cui l’Italia possiede la maggior parte dell’arte a livello mondiale e guardano con lucida consapevolezza e un sentimento non convenzionale al concetto di patrimonio. L’arte rinascimentale che viene venduta ogni giorno a migliaia di turisti/consumatori- quelli che quando escono dal museo non si ricordano nemmeno cosa hanno appena visto- è stata prodotta in un’epoca in cui veniva considerata disturbante, una piacevole distruzione degli schemi che colpiva la contemporaneità di allora proprio per la sua forza dirompente. Il punto è che oggi non ha senso limitarsi a vendere più o meno a buon mercato l’antichità che l’Italia possiede ignorando sistematicamente vivide forme di cultura che non trovano casa proprio nel paese dove sono nate e cresciute. Il folto elenco di esperienze culturali che in Italia hanno avuto solo l’encomio del fugace momento glorioso, e a volte nemmeno quello- dal New Italian Epic descritto dai Wu Ming alle false prime pagine della rivista satirica il Male fino alle riflessioni cinematografiche sugli “anni di piombo”- dimostra come questi esempi non siano potuti diventare modello di sviluppo. La situazione è bloccata da una classe dirigente che, secondo gli autori, non ha mai preso sul serio la cultura, al contrario, la forza economica di un Paese si misura in gran parte a partire dagli investimenti in quella che Obama chiama “production of culture”. Un alto livello di partecipazione culturale, Sacco ne è convinto, rappresenta la causa il cui effetto è un ricco sviluppo economico di uno Stato. Statistiche alla mano, i posti in cui si partecipa di più e in maniera più attiva alla cultura corrispondono anche agli Stati più ricchi del pianeta. Sarà un caso?
Rimane un’obiezione che non ha nulla di polemico e assomiglia più a una domanda aperta: qual è la prova che la cultura aumenti lo sviluppo economico di un Paese? Siamo sicuri che causa ed effetto non siano invece da invertire e che sia una solida situazione finanziaria a spingere verso il consumo proattivo di cultura. Se è vero che il 95% della popolazione svedese partecipa attivamente a manifestazioni culturali forse è anche perché lo Stato può permettersi di spingere le persone a farlo, come ad esempio le sovvenzioni in denaro concesse a chi decide di mettere su un gruppo musicale.
In ogni caso ‘Italia Reloaded’ è un libro vitale e la decadenza che accompagna il padiglione della Biennale tiene per mano la situazione della cultura mainstream italiana che, oltre a non essere commestibile come più volte sostenuto, rimane anche indigesta al di fuori dei confini nazionali. Ripartire dalla cultura significa ripensare a noi stessi come persone e immaginare attraverso quali storie raccontarci agli altri.